UDL: la Progettazione Universale per l’Apprendimento
L’Universal Design for Learning (UDL) è un approccio che muove dai principi dell’accessibilità architettonici e informatici.
Il termine «Universal Design» viene coniato nel 1985 dall’architetto Ronald L. Mace, che lo definisce come la progettazione di prodotti e ambienti utili per tutti ma indispensabili per qualcuno senza necessità di adattamenti o ausili speciali. Questo movimento culturale si estende anche in campo pedagogico e didattico attraverso l’azione del gruppo di ricerca americano CAST (Center for Applied Special Technology) per rendere i curricoli esistenti più accessibili e soddisfare la variabilità individuale degli studenti attraverso obiettivi flessibili e metodi, materiali e processi di valutazione inclusivi (nota I).
Si tratta, quindi, di un modello pedagogico di riferimento che intende guidare la pratica educativa, identificando e rimuovendo gli ostacoli presenti nei materiali didattici curriculari per affrontare la varietà delle esigenze degli studenti.
Nelle Linee guida sulla Progettazione Universale dell’Apprendimento (PUA, traduzione italiana dell’UDL), la cui ultima revisione risale al 2018 (versione 2.2) (nota II), sono citati i tre principi fondamentali, sostenuti dalla ricerca neuroscientifica. Essi prevedono che a tutti gli studenti vengano messi a disposizione:
- molteplici forme di coinvolgimento (principio I)
- molteplici mezzi di rappresentazione (principio II)
- molteplici mezzi di espressione (principio III).
Principio I: Fornire molteplici mezzi di coinvolgimento (il «perché» dell’apprendimento)
Studi recenti in diversi campi della psicologia e neurobiologia evidenziano la stretta integrazione che esiste tra processi cognitivi e sistemi motivazionali ed emotivi e come questi interagiscano sull’apprendimento.
La percezione di essere riusciti a superare un compito porta come conseguenza al desiderio di proseguire nell’impegno, mentre la continua frustrazione determina la rinuncia ad accettare la sfida cognitiva, nella convinzione di non riuscire a controllare la situazione.
Lo studente che vive continuamente situazioni di frustrazione nello studio presenta scarsa autostima e precario senso di autoefficacia scolastica; in altre parole, non attribuisce valore a se stesso come studente. La sua identità è continuamente minacciata e, percependosi come «incapace», immagina di essere considerato anche dagli insegnanti, dai familiari e dai compagni in modo altrettanto negativo.
Gli studi sulle scuole «efficaci», ossia sulle scuole nelle quali gli alunni tendono ad avere un costante progresso, evidenziano che un contesto di apprendimento positivo è strettamente correlato al miglioramento dei risultati degli alunni e che questa positività dell’ambiente si basa su una buona qualità sia delle relazioni tra insegnanti e alunni, sia delle relazioni tra gli alunni stessi.
Realizzare un clima scolastico di benessere capace di sviluppare autostima, stile di attribuzione positivo, senso di autoefficacia negli studenti significa creare un clima di classe non competitivo, ma cooperativo, distribuire il carico cognitivo nel lavoro di coppia (efficace per sollecitare la motivazione e sviluppare la competenza metacognitiva), favorire la discussione e le riflessioni collettive, sostenere il processo di apprendimento dello studente attraverso invii di frequenti feedback di fiducia e di incoraggiamento con consigli su come procedere («Sei sulla strada giusta, ti conviene andare a rivedere questo schema, ripassa meglio questo capitolo…») (Capuano, Storace e Ventriglia, 2013, pp. 1-2).
La ricerca concorda sul fatto che i «saperi» sono sempre un processo di negoziazione sociale. L’apprendimento efficace è cooperativo e prevede una dimensione conversazionale e collaborativa: la comprensione profonda si ottiene attraverso il confronto tra la propria posizione e quelle di ciascuno dei compagni che stanno affrontando quella stessa tematica. Ne consegue che «imparare a piccoli gruppi» sviluppa abilità di pensiero metacognitivo e consente agli studenti di elaborare l’informazione con un carico cognitivo minore di quello che essi dovrebbero impiegare in un approccio di tipo individuale.
Fare lavorare gli studenti in gruppo permette anche lo sviluppo di una maggiore coesione in classe e l’acquisizione di strategie di gestione dei conflitti, perché gli allievi si aiutano e si sentono corresponsabili del reciproco percorso (Ventriglia, Storace e Capuano, 2015, p. 77).
L’affettività e l’emotività, quindi, rappresentano elementi cruciali dell’apprendimento e gli studenti si differenziano notevolmente nel modo in cui sono coinvolti e motivati. La differenziazione dei mezzi di impegno permette di incrociare gli interessi degli studenti e di motivarli all’apprendimento. In particolare ci si riferisce a tutte le procedure di elaborazione delle informazioni e alle strategie cognitive e metacognitive che culminano con l’acquisizione di un metodo di studio personale ed autonomo (Cottini, 2019, p. 27).
Una strategia impiegata nel processo di lettura/comprensione del testo è la SQ3R, un acronimo che sta per Survey, Questions, Read, Recall, Review (Calvani, 2011, pp. 90-91). Al fine di facilitare gli alunni a utilizzare strategie adeguate alla comprensione del testo da studiare e a essere consapevoli delle varie fasi che si attivano durante tale percorso, possono essere forniti schemi di supporto allo studio, tenuto conto che l’orientamento volto a favorire nello studente lo sviluppo di strategie cognitive e di autoregolazione ha una sua forte valenza didattica soprattutto per gli studenti con maggiore difficoltà di apprendimento.
L’uso di schemi di riferimento che organizzano il metodo di studio costituisce una risorsa utile a tutti gli studenti, in modo particolare a coloro che presentano difficoltà di studio o DSA, manifestando anche scarsa capacità di programmazione delle attività scolastiche.
Le capacità organizzative utili a scuola devono essere oggetto di insegnamento esplicito in tutti i cicli di istruzione, in quanto rappresentano il presupposto basilare in contesti professionali futuri (Ventriglia, Storace e Capuano, 2017, p. 92).
Si propone qui uno Schema per la comprensione del testo tratto da Capuano, Storace, Ventriglia (2013, p. 18; 2017, p. 93):
La nuova formula che scaturisce dal processo di insegnamento-apprendimento è fornire agli studenti non solo conoscenze ma competenze cognitive, conoscitive, pratiche e flessibili. Il profilo di studente strategico, anche richiamando i contenuti dell’UDL, caratterizzerà lo studente ben informato e con interessi che sa usare ciò che sa e stabilire il mezzo più adatto per apprendere, orientato all’obiettivo, ansioso e motivato alla conoscenza, determinato al superamento di difficoltà anche emotive.
Principio II: Fornire molteplici mezzi di rappresentazione (il «cosa» dell’apprendimento)
Gli studenti differiscono nel modo di percepire e comprendere le informazioni che vengono loro presentate. Infatti, alcuni potrebbero semplicemente assimilare le informazioni più velocemente ed efficacemente attraverso mezzi visivi o uditivi piuttosto che attraverso il testo scritto. L’apprendimento e il trasferimento dell’apprendimento avvengono quando vengono usati più mezzi di rappresentazione.
In linea con questo principio, nella pratica didattica quotidiana possiamo agire sull’adattamento delle caratteristiche delle informazioni presenti nei libri di testo. In una prospettiva inclusiva i docenti possono predisporre materiali di studio e di verifica per tutti gli studenti, tenendo in considerazione, oltre ai contenuti, la scelta della font e i livelli di spaziatura tra i caratteri. Esistono tantissime font ad alta leggibilità, gratuite o commerciali. Una di queste è biancoenero®, messa a disposizione gratuitamente per chi ne faccia un uso non commerciale (www.biancoeneroedizioni.it).
È opportuno anche fornire alternative per le informazioni verbali. Il materiale di studio può essere corredato di immagini in modo che i termini specifici possano essere associati non solo alla loro spiegazione ma anche all’immagine a cui si riferiscono. In quest’ottica, il docente può gestire l’aspetto comunicativo della lezione, avvalendosi anche di altri codici e canali, cioè affiancare la dimensione espositiva e narrativa della lezione anche con codici visivi (documentari, animazioni in Flash, infografiche animate, immagini) che hanno una funzione facilitatrice, facendo attenzione a evitare sovraccarico cognitivo. (Capuano, Olivieri, 2020, p. 33)
Le immagini hanno valore di fonti e rappresentano un significativo supporto didattico al testo scritto; esse hanno anche la funzione di potenziare a livello cognitivo l’elaborazione dei contenuti di apprendimento da parte degli alunni e anche di aumentarne la memoria. Il ruolo informativo della componente visiva è molto importante in un testo di studio (Ventriglia, Storace e Capuano, 2017, p. 49).
È importante gestire l’aspetto cognitivo e strategico della lezione. Ipotizzando ad esempio che si stia affrontando l’argomento della Rivoluzione francese, occorre che l’insegnante ponga attenzione al raccordo con la lezione precedente anche attraverso semplici domande (ad esempio: «Quali presupposti si erano creati nella Francia del Settecento?»); che fornisca preliminari chiarimenti lessicali (ad esempio, andrebbero spiegati i termini: rivoluzione, ribellione e sommossa); che faccia uso di anticipazioni (attraverso schemi, mappe, ecc.) al fine di indagare le conoscenze pregresse, quei «mattoni» su cui andare a costruire nuova conoscenza; che presti attenzione al testo di studio, suggerendo di evidenziare oppure saltare alcuni passaggi sul manuale, provando a mettere in risalto concetti e termini di particolare rilevanza (Calvani, 2011).
Sono, infatti, di fondamentale importanza tutti quegli espedienti di ausilio all’acquisizione di un testo di studio come trattare preliminarmente termini non familiari e comunque specifici della disciplina (glossario), suddividere il testo in brevi paragrafi, usare titolature e parole in evidenza (indici testuali), anticipare il contenuto attraverso un breve sommario, un grafico, uno schema, una mappa, delle domande.
Grafici, schemi, mappe, tabelle, diagrammi assumono il ruolo di organizzazione visiva dei contenuti facilitando la costruzione di relazioni e legami tra i vari elementi significativi presenti nei testi. Questi organizzatori grafici utilizzati con la funzione di anticipatore permettono agli studenti di focalizzare la propria attenzione verso le idee principali e i concetti chiave, migliorando così la comprensibilità del testo.
Gli schemi di sintesi hanno anche l’obiettivo di favorire la revisione (ripasso) periodica come mezzo per una efficace comprensione e approfondimento delle conoscenze acquisite (Capuano, Storace, Ventriglia, 2013, p. 19; 2019, pp. 66-69; Ventriglia, Storace e Capuano, 2017, p. 94).
Una consegna di lavoro sui capitoli in cui l’allievo ritroverà a casa le informazioni anticipate durante la spiegazione lo aiuterà nello studio. La consegna può consistere nella richiesta di completare una tabella, una mappa, uno schema, un riassunto, a seconda del contenuto dei capitoli. È bene che si facciano sperimentare diversi metodi di manipolazione del testo, perché ciascuno studente, dislessico e non, ha proprie caratteristiche e un proprio stile e certi strumenti gli possono risultare più congeniali di altri.
Principio III: Fornire molteplici mezzi di azione ed espressione (il «come» dell’apprendimento)
Gli studenti differiscono nel modo di procedere in un ambiente d’apprendimento e di esprimere ciò che sanno. Alcuni potrebbero sapersi esprimere bene nello scritto e non nell’orale, e viceversa. I sistemi di rilevazione degli apprendimenti, sviluppati secondo uno schema fisso, possono non rispondere alle esigenze specifiche degli studenti. Così come è opportuno diversificare le metodologie di insegnamento, è indispensabile offrire più forme di verifica affinché gli studenti possano esprimere ciò che hanno appreso.
È il caso, ad esempio, delle mappe concettuali. Il fatto che esse siano state prese in considerazione, in riferimento ai DSA, nelle Linee guida 2011 (MIUR 2011, p. 18), ha portato a interpretarle come soluzione indicata solo ed esclusivamente per gli studenti che presentano questa caratteristica.
In realtà le mappe sono da intendere come organizzatori grafici della conoscenza e strumenti di supporto per lo studio di tutti, così come sottolineato nelle Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione (MIUR 2012, pp. 32-33). Le mappe concettuali utilizzate nella didattica della comprensione del testo rappresentano uno strumento molto efficace per giungere a quell’acquisizione di significato che è il cuore di qualsiasi processo di apprendimento.
La validità del prodotto del proprio studio viene confermata nella verifica finale scritta o orale, dove lo studente ripropone il contenuto cognitivo di quanto studiato. La produzione di un discorso orale può essere pianificata, servendosi di materiale di supporto predisposto anticipatamente (mappe concettuali, mappe mentali, schemi, organizzatori grafici per l’apprendimento), per presentare in modo ordinato l’argomento e per tenere sotto controllo la verbalizzazione del discorso.
Le mappe concettuali sono strumenti utili all’insegnante proprio per:
- monitorare i progressi nell’apprendimento
- verificare i livelli degli apprendimenti e valutare le competenze acquisite. (Capuano, Storace e Ventriglia, 2014, p. 135).
La ricerca dispone ormai di documentazione e di dati consolidati e strutturali. John Hattie (2016), uno dei maggiori rappresentanti dell’EBE, ha sintetizzato i dati di 800 meta-analisi sui risultati di apprendimento scolastico, prendendo in considerazione 15 anni di ricerche che hanno coinvolto milioni di studenti, e calcolando gli Effect Size (ES) (nota III) complessivi di un grande numero di variabili che influenzano l’apprendimento.
Secondo tali ricerche, l’uso delle mappe concettuali quale strumento per la rappresentazione grafica della struttura dei contenuti di insegnamento/apprendimento registra un ES pari a 0,6: le mappe concettuali, dunque, manifestano complessivamente un alto potenziale di efficacia.
Le stesse evidenze dimostrano la maggiore efficacia dello studio attraverso le mappe concettuali rispetto ad altre attività di strutturazione delle conoscenze come scrivere riassunti, realizzare elenchi di informazioni o delineare le idee principali di un argomento.
Il concept mapping permette, infatti, non solo una migliore memorizzazione e un apprendimento più profondo dei concetti principali, ma anche un loro più facile richiamo alla memoria, in occasione del ripasso che avviene a distanza di tempo dallo studio. In pratica, esse servono agli studenti per acquisire un metodo di lavoro e di studio autonomo (Capuano, Storace e Ventriglia, 2014; Ventriglia, Storace e Capuano, 2017).
Autrici: Annapaola Capuano e Franca Storace, Docenti e Formatrici AID.
NOTE
- In seguito il Center for Universal Design della North Carolina University (USA) ha promosso questo approccio metodologico, stabilendo una serie di principi e linee guida. Nel 2006 la convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità ha ripreso il concetto, nell’articolo 2: «Per progettazione universale si intende la progettazione di prodotti, strutture, programmi e servizi utilizzabili da tutte le persone, nella misura più estesa possibile, senza il bisogno di adattamenti o di progettazioni specializzati. La progettazione universale non esclude dispositivi di sostegno per particolari gruppi di persone con disabilità, ove siano necessari». La progettazione universale contiene e sviluppa al suo interno proprio queste tre grandi sfide dell’umanità (diversità, educazione inclusiva e tecnologia) in senso convergente, verso una rivoluzione di pensiero positiva centrata sulla flessibilità, sull’accessibilità reale, sul riconoscimento e sulla valorizzazione delle differenze di ogni persona già nella costruzione iniziale di ogni percorso formativo, e quindi verso l’eliminazione di ogni possibile etichetta che di fatto mortifica il concetto stesso di «inclusione». Approfondimenti si possono trovare al link: http://www.udlcenter.org
- il testo completo delle Linee guida in traduzione italiana è disponibile online all’indirizzo: www.udlcenter.org/sites/udlcenter.org/files/UDL%20Linee%20guida%20Versione%202.0%20ITA.doc. La versione del 2018 è scaricabile al seguente link: http://udlguidelines.cast.org/more/downloads
- nella ricerca educativa l’Effect Size (ES) è un indice che misura quanto è grande una differenza tra i risultati del gruppo sperimentale e del gruppo di controllo, calcolando questa differenza in unità di deviazione standard (DS), detta anche «sigma». Come è noto, essa è una misura di dispersione dalla media, che indica quanto i dati di una distribuzione si raccolgono o si allontanano dal valore medio. L’ES ci dice quanto è efficace una strategia: più alto è il suo valore, più la variabile indipendente impiegata nel gruppo sperimentale (cioè la strategia didattica) risulta efficace. Sono considerati particolarmente significativi i valori con un ES superiore a 0,4.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
Calvani A. (2011), Principi dell’istruzione e strategie per insegnare. Criteri per una didattica efficace, Roma, Carocci.
Capuano A. e Olivieri A. (2020), Insegnare storia agli studenti con DSA, Trento, Erickson.
Capuano A., Storace F. e Ventriglia L. (2013), BES e DSA. La scuola di qualità per tutti, Firenze, Libri Liberi.
Capuano A., Storace F. e Ventriglia L. (2014), Viaggio nel testo... orientarsi con le mappe. Percorsi didattici inclusivi, Firenze, Libri Liberi.
CAST (2019), UDL Guidelines — Version 2.2, http://udlguidelines.cast.org/more/downloads (consultato il 18 agosto 2019).
Hattie J. (2016), Apprendimento visibile, insegnamento efficace. Metodi e strategie di successo della ricerca evidence-based, Trento, Erickson.
MIUR – Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (2011), Linee guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con DSA.
MIUR – Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (2012), Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione, http://www.indicazioninazionali.it/wp-content/uploads/2018/08/Indicazioni_Annali_Definitivo.pdf (consultato il 24 agosto 2020).
Ventriglia L., Storace F. e Capuano A. (2015), La didattica inclusiva. Proposte metodologiche e didattiche per l’apprendimento, Torino, Loescher.
Ventriglia L., Storace F. e Capuano A. (2017), DSA e strumenti compensativi, Roma, Carocci Faber.
Ventriglia L., Storace F. e Capuano A., (2018), Progetto Dislessia Amica. Indicazioni operative e percorsi strategici, Trento, Erickson.